Chi ha addomesticato chi? Noi il gatto o il gatto noi? Difficile dirlo. Di certo questo animale misterioso, adorato dagli egizi e bistrattato nel medioevo, oggi ce lo troviamo in casa come uno di famiglia. Fa le fusa, si fa accarezzare, ma resta sempre un predatore astuto, indipendente, con quello sguardo che ti fa capire che comanda lui.
E Vicenza con i gatti ha un legame speciale. Un rapporto che affonda nei secoli, tra leggende, storie vere e un pizzico di fantasia.
“Magnagati”: tra realtà, dicerie e filastrocche
I vicentini sono detti magnagati. Un soprannome che spunta già in una vecchia filastrocca popolare del 1879:
“Veneziani gran signori, Padovani gran dottori, Vicentini magna gati, Veronesi… tuti mati”.
Si racconta che durante periodi di carestia o pestilenze, qualche gatto sia davvero finito in pentola. Ma forse è più una leggenda che realtà – e se è successo, Vicenza non è certo l’unica città al mondo ad aver avuto fame.
Una delle storie più curiose viene dal tempo della Serenissima: Vicenza invasa dai ratti, chiede aiuto a Venezia. I veneziani, burloni come al solito, caricano i barconi di gatti… e anche un bel pranzo. Solo alla fine si scopre che l’arrosto non era lepre, ma proprio gatto. Un’altra versione dice che i gatti prestati non tornarono mai indietro, e i veneziani pensarono fossero stati cucinati.
Lo scrittore vicentino Virgilio Scapin però racconta l’opposto: sarebbe stata Venezia a chiedere i gatti a Vicenza, attratti – secondo lui – dall’odore del baccalà. Ma anche in questo caso, i gatti sparirono misteriosamente.
Documenti ufficiali? Nessuno. L’unico fatto certo risale al 1509, quando Padova venne assediata dalle truppe della Lega di Cambrai, tra cui c’erano anche i vicentini. In segno di scherno, i Carraresi issarono su una lancia una gatta, forse per prenderli in giro… oppure per deridere una macchina da guerra chiamata proprio “gatto”.
Gatti e dialetto
Forse l’origine del soprannome magnagati viene più semplicemente da un fraintendimento linguistico: in dialetto vicentino, “ghatu magnà?” (hai mangiato?) suona come “gatto mangiato” da qui la strada è breve per hai mangiato il gatto?”.
E poi ci sono tante parole legate ai gatti nel parlato vicentino. “Fare le gate” o “gate gate gate” – usato per far ridere i bambini facendo il solletico. Come nella filastrocca “Manina bèa”, che si cantava ai più piccoli accarezzando il palmo della mano.
Dal campo al… campo da calcio
Nel 1994 a Vicenza arriva Gatton Gattoni, mascotte ufficiale della squadra di calcio, con maglia biancorossa e zampette ben piantate nello stadio. Porta fortuna: il Vicenza va in Serie A. Un altro segno del legame con i mici.
Dolce come un gatto (forse)
Vicenza ha dedicato ai mici perfino un dolce: la Gata. Creata nel 2005 da sette pasticceri, è fatta con ingredienti tutti locali – farina di mais di Marano, miele d’acacia, burro e latte vicentini, mandorle, cacao e una spruzzata di zucchero a velo che ricorda le impronte delle zampette.
Un caffè con vista… micio
Vuoi bere un caffè con un gatto sulle ginocchia? Appena fuori dal centro, c’è il Neko Cat Cafè, uno dei pochi in Italia. Aperto nel 2018, ospita otto gatti. Qui puoi cenare o sorseggiare un espresso mentre ti godi fusa e grattini.
Perché alla fine, a Vicenza, il gatto non si mangia. Si coccola.